Ogni volta che intraprendo un viaggio o che mi sposto in un luogo, cerco sempre di trovare e di assaporare quell’autenticità tipica del posto in cui mi trovo. Mi siedo su una panchina e mi guardo attorno cercando scene di vita quotidiana e mi diletto ad osservare le persone, attratta dal loro modo di essere, di muoversi nella normalità del loro quotidiano. Mi incuriosiscono particolarmente i volti delle persone che vivono i luoghi: sono convinta che i loro lineamenti, le loro espressioni e la loro pelle ci possano raccontare molte storie.
Le mogli dei pescatori
Mai come in Portogallo ho trovato soddisfazione nell’osservare e mai come a Nazarè sono stata colpita dai volti, soprattutto quelli delle donne nel ruolo di mogli di pescatori che popolano gli angoli di questa piccola cittadina, intente a vendere i loro prodotti tipici o ad offrire a poco prezzo le camere delle loro abitazioni ai viaggiatori in transito.
La parte interna della cittadina è una vera e propria immersione nell’anima del Paese. E’ infatti facile vedere scene della vita quotidiana che hanno come protagonista gli abitanti della città: donne, bambini che corrono e giocano di fronte alle loro case, anziani pescatori intenti a disfare i nodi delle loro reti da pesca e a rammendare qualche strappo. Insomma quanto di più naturale ci si possa aspettare da un luogo che vive di cose semplici come queste.
Ma le protagoniste di Nazarè sono e rimarranno sempre loro: le donne!
Donne che chiacchierano sedute fuori dalle loro case, che lavorano a maglia, che aspettano e che passeggiano. Si tratta di donne che trascorrono la vita ad attendere il ritorno a casa dei mariti pescatori, i quali rientrano solitamente dopo aver trascorso una dura settimana in mezzo all’Oceano Atlantico. La tradizione popolare racconta che, in passato, per ogni giorno di attesa le donne indossassero un gonnellino colorato che sovrapposto a quello del giorno precedente formava una gonna piuttosto vistosa e decisamente molto spessa e pesante. Sette gonne quindi: sette come i giorni della settimana, sette come le virtù, sette sono anche le onde consecutive dell’Atlantico, che si infrangono prima di acquietarsi per poi riprendere il loro moto ciclico scandito sempre dal numero sette.
Una guida locale che ho conosciuto in loco mi ha raccontato che le sette gonne servivano anche per tenere in piedi le donne quando al rientro dei mariti andavano ad aiutarli a portare a riva le barche, e servivano per aiutarle a stare a galla e a lottare contro la forza delle correnti.
Non dobbiamo mai dimenticarci questo piccolo borgo è adagiato su un tratto di costa e che da sempre vive in simbiosi con l’oceano, traendo sostentamento dal duro lavoro degli uomini in mare e dalle donne in terraferma. Purtroppo però da parecchi anni è arrivato il turismo e di conseguenza la pesca ha perso importanza. Oramai non vediamo più le donne che pregavano quando la burrasca rischiava di prendersi la vita dei lori cari o di vedere uomini, donne e buoi trainare le barche a riva al riparo.
Se vuoi assaporare questi momenti e tornare indietro nel passato, ti consiglio di andarci nei periodi fuori dalla massa dei turisti, ma se per caso ti trovi in piena estate e magari nei giorni di week end non potrai mancare ad assistere all’evento dell’Arte Xavega, ovvero alla tradizionale pesca con la sciabica (rete da pesca a strascico). E’ emozionante vedere il momento in cui le reti, piene di pesce, sono portate a riva e le mogli dei pescatori, urlano per dare il ritmo ed aiutare i pescatori nello sforzo.
Il fascino però di questo luogo non si è perduto; vedere queste donne con le loro ciabatte, le gonne, il grembiule e tante collane attorno al loro collo, è uno spettacolo unico nel suo genere. Oggi le puoi vedere nei giorni di festa o durante particolari celebrazioni oppure intente a vendere prodotti nelle loro bancarelle oppure le case di tela in spiaggia. Sono oramai soprattutto anziane. Purtroppo anche questa tradizione mano a mano che passano le generazioni è destinata a cancellarsi.
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